Alpino Solve Raffaele

0

Le spoglie dell’alpino Solve Raffaele sono tumulate nel sacello della chiesetta di Costabella. La chiesetta è dedicata agli alpini ed agli alpinisti veronesi ed in seguito anche ai caduti e dispersi in Russia. Desiderio fu di Mons. Luigi Piccoli, cappellano della sezione ANA Verona, di poter avere i resti di un alpino reduce di Russia (Veronese), poi le vicende in realtà furono diverse ed arrivarono le spoglie dell’alpino Solve Raffaele, nato ad Attimis (UD) nel 1922 già sepolto nel cimitero russo di Gulubaja Krinitza, i cui resti furono rimpatriati nel 1992 e tumulati a Redipuglia, in seguito traslati nel 1994 nel sacello della chiesetta di Costabella. L’alpino Solve Raffaele faceva parte della 20a Compagnia del Battaglione alpini Cividale e nei giorni 4-5-6 Gennaio 1943, il battaglione fu interamente impegnato alla conquista di quota “Signal” 176,2 divenuta poi “quota Cividale”, decorato di Medaglia d’Argento al Valor Militare con la seguente motivazione:

«Solve Raffaele di Angelo e di Dush Caterina, da Attimis (Udine), classe 1922, alpino, 8° alpini, battaglione “Cividale” (alla memoria).  Appartenente ad un centro di fuoco isolato, resisteva con tenacia alla travolgente spinta avversaria. Caduti ad uno ad uno quasi tutti i compagni, continuava con altri due superstiti l’eroica disperata resistenza, fino a quando una raffica di mitragliatrice abbatteva gli ultimi difensori, che, col loro cosciente sacrificio, consentivano il risolutivo e tempestivo intervento dei rincalzi.

Nowo Kalitwa (Russia), 4 gennaio 1943 –  Decreto Presidenziale in data: 19.4.1956 – registrato alla Corte dei conti 25.5.1956- registro Esercito 24 – foglio 25 – B.U. anno 1956 – Dispensa 23a – pag. 2566.

La battaglia di “quota Cividale”

Nella notte sul 4 gennaio 1943 il “Cividale” dette il cambio al Battaglione “Gemona” e raggiunse le posizioni ai piedi della quota 176,2 tenuta da un reparto tedesco. Questa altura dai fianchi dolci e allungati, che si ergeva di poco sulle altre quote, avrebbe permesso ai russi, qualora l’avessero occupata, di controllare tutto lo schieramento difensivo ed i movimenti della “Julia”; pertanto doveva essere mantenuta a tutti i costi. All’alba del 4 gennaio i russi attaccarono la quota 176,2 e i tedeschi dovettero abbandonare precipitosamente la posizione. Il 1° plotone della 20^ Compagnia, comandata dal capitano Dario Chiaradia di Sacile, partì allora di slancio e rioccupò la collina nonostante il tiro delle mitragliatrici russe che falcidiarono gli alpini del 1° plotone al comando del tenente Benedini. Subito dopo i russi contrattaccarono e gli alpini, dopo una breve ma accanita resistenza, durante la quale si distinse l’alpino Pietro Lestani di Fagagna che rimase da solo a sparare imperterrito con il suo fucile mitragliatore fino all’esaurimento delle munizioni, ripiegarono trascinandosi indietro i compagni feriti.
Verso mezzogiorno la 16^ Compagnia, al comando del capitano Carlo Crosa, appoggiata dagli uomini della 20^, con un assalto temerario condotto dai plotoni che avanzarono in formazione spiegata sotto il diluviare delle cannonate e dei tiri di mortaio, riprese la collina al prezzo di gravi perdite, tra le quali il sergente maggiore Paolino Zucchi da Collato (Medaglia d’Oro).
Per tutta la giornata gli alpini rimasero abbarbicati alla quota sotto il continuo grandinare della granate e la posizione fu mantenuta assieme agli uomini della 20^ fino all’alba del giorno 5 quando i russi ritornarono all’assalto in massa costringendo gli alpini del “Cividale” a ripiegare. Immediatamente dopo gli alpini delle due compagnie, trascinati con coraggio e determinazione dai loro comandanti, ritornarono per l’ennesima volta al contrassalto e ripresero la posizione: il capitano Chiaradia fu ferito a morte e gli venne concessa la Medaglia d’Oro per il suo coraggio, e molti alpini giacevano immobili nella neve arrossata dal sangue dei corpi
straziati dalle granate. Verso sera, approfittando di una tempesta di neve, i russi attaccarono di nuovo e fecero ripiegare un piccolo reparto tedesco appostato sulla destra della quota e i superstiti della 16^ e della 20^ dovettero abbandonare la collina per non essere accerchiati. A questo punto il Comando di Battaglione fece serrare sotto la 76^ Compagnia (al comando del tenente friulano Aldo Maurich) che si trovava di rincalzo.
Il plotone del sottotenente Gavoglio tentò un colpo di mano, ma la sorpresa non riuscì e gli alpini furono quasi tutti massacrati dal tiro preciso delle armi automatiche russe. Anche il sottotenente Gavoglio rimase sul campo e gli venne conferita la Medaglia d’Oro per il suo comportamento. La notte tra il 5 ed il 6 gennaio trascorse nei preparativi per un nuovo attacco.
Alle 5.30 tutte le artiglierie italiane e tedesche del settore vomitarono un uragano di fuoco contro la collina maledetta che si trasformò in un vulcanoin eruzione.
Immediatamente dopo un plotone della 76^ Compagnia, al comando del sottotenente Ferruccio Ferrari, partì all’assalto appoggiato da lontano da due carri armati tedeschi. I russi superstiti però si difesero disperatamente e respinsero gli attaccanti facendo rimanere sul campo molti alpini, compreso il loro eroico comandante.
Verso le 8.00, i superstiti della 76^ Compagnia, praticamente solo pochi fucilieri e i mitraglieri rimasti, attaccarono di nuovo con slancio al comando del tenente udinese Franco Cattarruzzi ed appoggiati, questa volta più da vicino, dai due carri tedeschi. L’assalto disperato riuscì a prezzo di numerose vite e finalmente la collina maledetta fu conquistata definitivamente dagli alpini del Cividale. Per il valore dimostrato dagli uomini di questo Battaglione ed in onore ai tanti Caduti, il Comando tedesco e quello italiano ribattezzarono la quota 176,2 in “Quota Cividale”. 110 furono i Caduti e circa 400 furono i feriti ed i congelati di quella battaglia durata incessantemente 3 giorni. La “Quota Cividale” venne mantenuta dagli alpini fino al 16 gennaio 1943 quando, in seguito al ripiegamento del Corpo d’Armata Alpino, anche la “Julia” dovette abbandonare le posizioni del Kalitwa così duramente contese
agli avversari. Per gli alpini del “Cividale” iniziò così la terribile ritirata di Russia che si concluse soltanto 16 giorni dopo e dalla quale moltissimi non tornarono.
Dei 1500 alpini del Battaglione partiti per la Russia, infatti, ben 1000 furono i Caduti e i Dispersi; queste righe per ricordarli e far si che la memoria del loro sacrificio non vada perduta, perché hanno combattuto con grande onore ed umanità una guerra più inutile delle altre. ( fonte: Guido Aviani Fulvio )

Giorgio Sartori (Centro Studi ANA Verona)